Gran parte delle persone associa la semplice esposizione al sole con una corretta sintesi della vitamina D, ma in realtà ci sono variabili fondamentali che determinano l’effettiva efficacia di questo processo. La luce solare, in particolare i raggi ultravioletti di tipo B (UVB), è il fattore principale che innesca la produzione cutanea di vitamina D. Tuttavia, il tempo necessario per produrre livelli adeguati di questa vitamina non è standard per tutti: varia profondamente in base al fototipo della pelle, all’orario di esposizione, alla stagione, alla latitudine e persino all’estensione della superficie cutanea esposta.
Quanti minuti al sole servono davvero?
La convinzione più diffusa è che sia sufficiente stare al sole qualche minuto per ottenere tutte le riserve di vitamina D necessarie all’organismo. In verità, anche se una breve esposizione può essere sufficiente in determinate condizioni, la quantità esatta di tempo varia molto. Uno studio dell’Università Politecnica di Valencia ha rilevato che in primavera ed estate bastano tra i 10 e i 20 minuti di esposizione di braccia e gambe nelle ore centrali della giornata per raggiungere la dose giornaliera raccomandata di vitamina D, ovvero circa 1000 IU, nel caso di persone con pelle chiara (fototipo 3) nei mesi estivi si arriva anche a soli 7 minuti (luglio), mentre in autunno i tempi salgono a circa 31 minuti e in inverno possono volerci più di 2 ore consecutive (circa 130 minuti). Bisogna inoltre considerare che questi dati si riferiscono a un’esposizione senza protezioni solari e con almeno il 25% della superficie corporea alla luce diretta.
- Primavera ed estate: 10-20 minuti.
- Aprile: 11 minuti.
- Luglio: 7 minuti.
- Ottobre: 31 minuti.
- Inverno: oltre 2 ore.
Va sottolineato che il momento della giornata incide profondamente sulla produzione: il sole di mezzogiorno (tra le ore 12 e le 14) genera la massima quantità di UVB.
L’errore comune: credere che “un po’ di sole” sia sempre sufficiente
Molti credono che una breve passeggiata quotidiana o il tragitto casa-ufficio sia sufficiente per colmare il fabbisogno di vitamina D. In effetti, in estate, 15-30 minuti di esposizione di braccia e gambe possono bastare per una persona con pelle chiara, ma per chi ha la pelle più scura o vive in aree con minore irradiazione UVB, come il nord Italia in inverno, i tempi si allungano molto. Un altro errore frequente è quello di pensare che un’esposizione intensa ma saltuaria, magari una sola volta a settimana, porti ai medesimi risultati di una esposizione costante e giornaliera.
Secondo ricerche recenti, il nostro organismo non crea scorte stabili di vitamina D con una sola forte esposizione solare. La vitamina prodotta non resta attiva a lungo e, se manca l’esposizione regolare, i livelli tornano a diminuire. Inoltre, un’esposizione eccessiva in una sola volta può indurre la pelle a smettere temporaneamente la produzione per autoproteggersi, convertendo i precursori di vitamina D in metaboliti inattivi.
Fattori che influenzano la sintesi della vitamina D
- Fototipo cutaneo: La sintesi della vitamina D è più efficiente nelle persone con pelle chiara, che richiedono meno tempo al sole rispetto a chi ha la pelle più scura (che necessita di esposizioni più prolungate). Questo perché la presenza di melanina ostacola il passaggio dei raggi UVB necessari alla sintesi della vitamina D.
- Estensione dell’area esposta: Esporre solo il viso e le mani non è sufficiente nella maggior parte dei casi. Braccia e gambe scoperte permettono una produzione nettamente superiore.
- Orario e stagione: D’estate i raggi UVB sono più intensi nelle ore centrali (11-15), mentre nei mesi freddi la ridotta inclinazione del sole limita la produzione cutanea di vitamina D, specialmente nelle zone a latitudine elevata.
- Utilizzo di creme solari: Un filtro > SPF 15 riduce praticamente a zero la sintesi di vitamina D durante l’esposizione, proteggendo sì da eritemi e danni cutanei, ma bloccando i raggi UVB utili.
- Età: Più si invecchia, più la pelle diventa inefficace a produrre vitamina D a parità di esposizione.
- BMI e condizioni cliniche: L’obesità, alcune patologie croniche e i farmaci possono interferire con il metabolismo della vitamina D.
Quando bisogna ricorrere agli integratori?
Anche chi vive in aree assolate può andare incontro a una carenza di vitamina D, ad esempio per stili di vita che limitano la permanenza all’aperto, per abbigliamento coprente o per l’uso costante di filtri solari. Nelle zone del sud Europa questa carenza interessa il 30-60% della popolazione, mentre in Asia la percentuale può raggiungere persino l’80%.
Quando, pur seguendo i corretti accorgimenti per l’esposizione solare, i valori plasmatici restano bassi (25OHD sotto 20 ng/ml), si consigliano alimenti ricchi di vitamina D come pesce grasso (salmone, sgombro), latticini, uova e, se necessario, integratori specifici. In caso di assunzione di supplementi, la vitamina D è liposolubile: l’assorbimento migliora quando l’integratore viene assunto con pasti ricchi di grassi sani come olio d’oliva o avocado.
Consigli pratici per l’esposizione
- Esporsi al sole ogni giorno, preferibilmente tra le 11 e le 15.
- Rendere scoperte almeno braccia e gambe (25% della superficie corporea).
- Mantenere l’esposizione per 15-30 minuti in estate se si ha la pelle chiara; tempi più lunghi per pelle scura o in inverno.
- Usare filtri solari solo dopo aver completato il tempo necessario per la sintesi, oppure su viso e altre aree particolarmente sensibili per prevenire danni e eritemi.
- Ricordare che esposizione intensa ma sporadica non è sufficiente: serve regolarità.
- Nei mesi freddi, valutare la necessità di integrare con alimentazione o supplementi.
La sintesi ottimale richiede equilibrio: esporsi troppo poco espone al rischio di carenze, ma esporsi troppo a lungo, specie senza protezione e nelle ore più calde, crea rischi di eritemi e danni cutanei. Ancora, contrariamente a quanto molti credono, la “scorta” di vitamina D non si accumula con un solo giorno di intensa esposizione, ma occorre costanza.
In definitiva, la sana esposizione al sole resta la strategia primaria e più naturale per produrre vitamina D, ma deve essere adattata alle caratteristiche individuali, al periodo dell’anno e alle abitudini di vita. Chi ha dubbi specifici può misurare i livelli ematici e, se necessario, chiedere consiglio al proprio medico per valutare l’opportunità di integrare la vitamina D, sempre considerando controindicazioni e possibili interazioni. Solo con una gestione consapevole si può evitare la carenza senza incorrere negli effetti collaterali dell’iperesposizione ai raggi ultravioletti.